Ho sempre pensato che il rispetto della dignità della vita e della persona vadano tutelati e preservati. Quante volte mi è capitato di pensare “se fosse successo a me, non avrei voluto andare avanti”.
Per questo ho sostenuto e sosterrò le battaglie dell’ Associazione Luca Coscioni : liberi subito, liberi fino alla fine! Perché, come dice l’associazione, ammalarsi fa parte della vita, come guarire, nascere, morire amare.
Abbiamo avuto l’occasione di parlarne con il nostro candidato Presidente Massimo Moretuzzo e due attivisti. Infatti, l’Associazione Coscioni sta lanciando una campagna indirizzata alle regioni per una legge regionale sul fine vita. La campagna, partita dal Veneto, non ha ancora raggiunto la nostra Regione, ma con il Patto per l’Autonomia abbiamo fatto nostro questo impegno, perché “le buone leggi servono alla vita: per impedire che siano altri a decidere per noi.”
La maggior parte delle persone non conosce la legislazione e i propri diritti sul fine vita. Oltre al testamento biologico e alle disposizioni anticipate di trattamento, a determinate condizioni l’Italia ha conquistato la possibilità di consentire legalmente l’accesso alla morte volontaria assistita.
L’obiettivo è quello di una normativa di attuazione (su procedure e tempi) per accedere a una morte volontaria attraverso l’auto somministrazione del farmaco. Il Servizio sanitario, infatti, non è attrezzato strutturalmente nel garantire questo diritto e nel portare a termine in tempi certi tutte le procedure necessarie. Questo può portare a un prolungamento della sofferenza anche di anni! La proposta di legge regionale fissa a un massimo di 20 giorni la durata delle procedure e verifiche che l’azienda sanitaria locale dovrà compiere nei confronti della persona richiedente.
Le nostre socie e i nostri soci avevano già votato in Assemblea l’adesione alla campagna referendaria del 2021, che aveva ottenuto un ottimo riscontro sul nostro territorio: 28.000 firme in regione e 12.000 solo a Trieste avevano contribuito a superare il traguardo del milione di firme in tutta Italia. Siamo pronti a proseguire su questo percorso fino alla fine, per il diritto di tutte e tutti di decidere della propria vita.
Sabato scorso abbiamo inforcato le biciclette e abbiamo fatto un pezzo del percorso che dovrebbe diventare la futura ciclabile del Carso. Un progetto che giace in un cassetto, bello e pronto, dal 2015, insieme al suo bel finanziamento regionale da quasi 3 milioni di euro. Un progetto che potrebbe contribuire a diffondere il cicloturismo anche nel nostro territorio, che al momento è invece completamente tagliato fuori da questa opportunità per la mancanza di percorsi sicuri, riconoscibili, gradevoli.
Eppure siamo in un punto decisamente strategico: l’incrocio tra la Parenzana (389.000 cicilisti in 1 anno) e la Alpe Adria (148.000 ciclisti/anno). Un turismo, ne avevamo parlato già nel 2021 con Girolibero, che distribuisce ricchezza in modo diffuso sul territorio, che de-stagionalizza l’offerta turistica, che rispetta il territorio, l’ambiente e chi vi abita. Per questo, strade come la Costiera dovrebbero diventare strade turistiche, per dare molto più spazio agli stili di vita attivi e allo stesso tempo ridurre l’incidentalità.
Abbiamo presentato mozioni nella I e II Circoscrizione dell’Altipiano (a firma di Andrej Rismondo e da Cristiana Knaflich) e in Consiglio Comunale (a firma mia e di Riccardo Laterza), perché si chieda finalmente l’avvio dei lavori per la ciclabile del Carso, perché non c’è più tempo da perdere.
Una voglia di ciclabilità complementare a quella di intermodalità. Negli ultimi anni ho viaggiato molto spesso in treno + bici, anche con Bloom appresso. Ci sono alcune criticità che non rendono il treno competitivo rispetto all’automobile privata. A partire dai costi. Per questo nel nostro programma c’è la progressiva gratuità del trasporto pubblico. Altri territori lo stanno già facendo, con risultati eccezionali. Ma soprattutto dobbiamo partire da un’attenzione diversa quando facciamo degli interventi.
Interventi come quello del polo intermodale di Ronchi dei Legionari. Sovradimensionato, caro, illuminato a giorno anche la notte, e senza collegamento con la ciclabile che passa subito oltre il muro della ferrovia. Ora pare che vi sia almeno il progetto per un sottopasso, ma a farlo subito si sarebbe sicuramente risparmiato tempo, soldi e fastidi.
Nel frattempo, abbiamo presentato una mozione lo scorso settembre per richiedere la gratuità del parcheggio per chi abbia l’abbonamento del treno. La soluzione all’accesso nord di Trieste non è una inutile, impattante e insostenibile ovovia, bensì l’ottimizzazione della rete del ferro.
Qualche tempo fa, in via Carducci, mi sono fermata al giallo semaforico. L’auto dietro di me ha accelerato, mi ha sorpassata, è passata col rosso a quel semaforo e ha bruciato anche i successivi due, andando almeno a 70 km/h. Qualche ora più tardi in costiera un furgone è uscito da uno stop e ha agganciato il ciclista davanti a me facendolo cadere, in pieno giorno il ciclista aveva anche le luci accese. Per miracolo non si è fatto niente. Rientrando a casa la sera mi sono fermata al semaforo rosso in piazza Foraggi e le auto dietro di me mi hanno suonato il clacson per intimarmi di bruciare il semaforo (che con la galleria chiusa è solo pedonale, ma è pur sempre un semaforo rosso).
Tutto questo succedeva solo in un giorno, mentre il giorno precedente a Sveglia Trieste ho dovuto ascoltarmi le pseudostatistiche infondate del consigliere che era con me in trasmissione e che affermava che il 90% delle bici violano il codice della strada. Un luogo comune difficile da sradicare, ma le “statistiche” sparate così valgono meno di zero e sono solamente dannose, tanto più se vengono espresse da un rappresentante pubblico in diretta tv.
Ma le due frasi inaccettabili che ho dovuto ascoltare, mentre si parlava di due bambini investiti fuori da scuola sono:
– “i pedoni devono stare più attenti”
– “la strada è delle auto”
Ed ecco il mix che sta rendendo invivibile la nostra città.
Nel primo caso, una colpevolizzazione della vittima, che profuma tanto di machismo tossico. D’altra parte, un brillante articolo letto qualche tempo fa su Internazionale usava il termine “capitalismo petrol-sesso-razziale”, a identificare come le questioni ambientali economiche e sociali siano in realtà estremamente legate. Questioni che non smettono mai di essere drammaticamente attuali, come ci ha dimostrato il volantino di Cividale che affermava che contro le violenze sessuali la soluzione sia quella di non sorridere e non indossare le gonne.
La seconda frase evidenzia la prepotente presunzione dell’egemonia dello spazio da parte dei mezzi a motore. Proprio perché l’aggressività sulle nostre strade ha raggiunto livelli inaccettabili, ho presentato un ordine del giorno al bilancio chiedendo di usare i proventi delle multe per una campagna di comunicazione contro l’aggressività stradale. Ordine del giorno che è stato accolto, ora dovremo vigilare sulla sua applicazione. Ma di certo non basta.
La nostra ricetta per affrontare seriamente il problema drammatico della sicurezza in strada?
Partiamo dal ricordare che la strada è uno spazio pubblico, e come tale è di tutti, a partire dal più debole.
Lavorare sui dati. E su questo abbiamo attivato un super gruppo che li sta analizzando con grande serietà.
Fare proposte concrete e strutturali per la sicurezza degli utenti deboli. Ne abbiamo già fatte tante, ne metto qui alcune:
Avere come ambizione quella di arrivare alla “città 30” come strumento per la Vision zero, una città dove non ci siano feriti gravi o morti in strada. Non è utopia o idealismo: molte città ci stanno lavorando e alcune hanno già dimostrato che è possibile.
Lavorare per restituire lo spazio stradale alle persone, con interventi che al contempo riducano la cementificazione aumentando gli spazi verdi e di socialità.
La visione sugli spazi pubblici è una questione di democrazia. La strada da fare è lunga. Noi la faremo alla velocità giusta, con i nostri mezzi.
(Nella foto, un attraversamento pedonale di Campo San Giacomo, dove negli ultimi 4 anni ci son stati il 90% di feriti in caso di incidente. Colpa dei pedoni?)
Qui un video fatto durante la campagna elettorale per le comunali, che dimostra come le strade progettate per i più fragili sono strade a misura di tutt*
Venerdì 3 marzo sono stata felice di partecipare fino in fondo al corteo dello Sciopero del Clima, organizzato da Fridays For Future Trieste. I discorsi che ho sentito fare dalle ragazze e dai ragazzi delle diverse realtà del territorio avevano dentro tanta voglia di cambiare le cose per davvero. E il coro “no ovovia” era, al solito, forte e chiaro.
Dall’altra parte, ci scontriamo invece con un’amministrazione che dimostra costantemente di non voler cambiare nulla. Mi è toccato sentire discorsi negazionisti e antiscientifici in Commissione consiliare in piena emergenza siccità, e le stesse affermazioni sono state fatte anche in Consiglio regionale, dalle quali la Giunta Fedriga non ha voluto prendere le distanze. Siamo in mano a dei pericolosi terrapiattisti, per dirla con le parole del nostro candidato Presidente Massimo Moretuzzo, che ci stanno consegnando su un piatto d’argento al cambiamento climatico, di cui tutte e tutti noi subiremo le conseguenze sulla nostra pelle.
Nel pomeriggio ho poi avuto il coraggio di andare a un evento sulla mirabolante hydrogen valley tanto annunciata mesi fa a mezzo stampa ma di cui nessuno aveva avuto la possibilità di conoscere i dettagli, evento organizzato da Confindustria al Savoia. Si, c’è voluto coraggio, perché mi aspettavo che avrebbero cercato di annegare la questione idrogeno in una buona dose di greenwashing, lo stesso greenwashing con cui hanno riempito il disegno di legge FVGreen. Invece già i primi interventi sono stati tristemente chiari nel confermare tutte le nostre preoccupazioni. Tra una sviolinata all’operato della Giunta Fedriga e un perculamento delle associazioni ambientaliste, il messaggio è stato chiaro ed esplicito: per la produzione di idrogeno il piano è quello di usare nucleare, inceneritore (chiamato in modo mistificatore termovalorizzatore) e gas.
Abbiamo dovuto ascoltare frasi come “la transizione va fatta con calma”, “il dominio dei comitatismi è quasi assoluto, dico bene assessore Scoccimarro?”, “l’ideologismo fa da padrone ma noi abbiamo la testa sopra le nuvole e i piedi per terra” (quantomeno finché non c’è l’ovovia, ndr).
E infatti l’urgenza della nostra mozione sull’emergenza climatica, ca va sans dire, è stata bocciata a maggioranza nella capigruppo di mercoledì 1 marzo.
Per l’8 marzo ho scioperato e ho sfilato nel colorato e affollato corteo transfemminista di Non Una Di Meno. La politica ha molti spazi di miglioramento, come abbiamo raccontato alla stampa martedì. Anche per questo le donne devono mettersi in gioco in prima linea nel campo politico, perché “non si decida di noi senza di noi“.
“L’uomo è al centro del creato” ha detto l’Assessore all’Ambiente della Regione in una recente intervista. Con 6 semplici parole, chi dovrebbe guidare la transizione ecologica giusta del nostro territorio ha rappresentato tutto ciò che c’è di sbagliato tra l’essere umano e le/i propri/e simili, l’ambiente e gli animali. Una visione antropocentrica, creazionista e patriarcale, nella quale tutto è a uso e consumo dell’UOMO.
La lotta al cambiamento climatico non può che essere una lotta femminista. La lotta femminista deve essere giusta anche da un punto di vista ambientale. Dobbiamo affrontare le sfide in un modo intersezionale guardando al problema nel suo complesso, e il problema centrale è la dipendenza capitalistica petrol-sesso-razziale.
La rivoluzione deve riguardare l’intero modello di produzione e consumo. La rivoluzione non deve lasciare indietro nessun*. La rivoluzione deve essere transfemminista, intersezionale, inclusiva.
La rivoluzione è urgente e deve partire da noi: se ci fermiamo noi, si ferma il mondo!
Dopo una legislatura che ha visto un numero davvero esiguo di consigliere donne (6 su 49), è arrivato il momento di un cambio di passo, non solo in termini di rappresentanza ma anche per quanto riguarda le politiche di genere.
Rappresentanza La prima legge che approveremo nella nuova legislatura sarà quella per la doppia preferenza di genere in Regione.
Organi istituzionali Commissioni e istituti di parità realmente efficienti e in grado di orientare davvero le scelte politiche. Una Regione a misura di donna e bambina. A partire dalle scelte urbanistiche che facciano sentire tutt* a proprio agio e siano d’esempio, anche attraverso la toponomastica femminile.
Una Regione intersezionale Spesso le forme di discriminazione si intersecano in una singola persona: le questioni vanno affrontate in ottica intersezionale e non solamente di genere, lottando contro ogni forma discriminazione, dal razzismo all’abilismo.
Contrasto alla violenza Portando nelle scuole l’educazione affettiva, sessuale e alle differenze.
Lavoro Il tasso di occupazione femminile è ancora di molto inferiore a quello maschile (60% contro il 74%), le donne guadagnano in media 9.000€ in meno all’anno e spesso le figure apicali restano maschili. Servono più servizi per far rientrare al lavoro le donne dopo la maternità.
Salute I percorsi di cura e di assistenza sanitaria devono tenere conto delle specificità di genere, promuovendo servizi personalizzati, a partire dalla medicina del lavoro e dalle giovani generazioni. Vanno potenziati i consultori per garantire accoglienza, ascolto, prevenzione e cura.
Le oltre mille firme pro ovovia sbandierante dal gruppo Trieste in Bici (non si tratta neanche di una associazione) hanno sorpreso molte persone. E infatti, è bastata una breve ricerca per capire che si tratta di un vero e proprio inganno.
Ci sono persone che conosco, e che so essere fortemente contrarie all’opera, tra cui perfino Riccardo Laterza, che si sono ritrovate tra i firmatari a loro insaputa. Infatti il titolo originale della petizione, le cui firme risultano per la maggior parte di ben 4 anni fa, era chiaramente incentrato sul liberare il centro di Trieste dalle automobili, non certamente sull’ovovia, che al tempo non esisteva nemmeno nelle fantasie dell’Amministrazione.
Svelato l’arcano, ho temuto di essere anche io tra le firmatarie, e ci ho messo un po’ a verificare se lo fossi. Non è immediato verificare se la propria firma compare, e molte persone non pensano neanche sia la stessa petizione, magari da loro firmata diversi anni prima con un titolo e dei contenuti completamente diversi, e dunque non è venuto loro in mente di verificare.
Si tratta di un trucco becero e scorretto anche dal punto di vista elettorale, dato che tra gli aggiornamenti camaleontici della petizione compaiono anche testi e foto a firma di Daniela Rossetti, candidata al tempo con Azione al Consiglio comunale e ora con il Terzo Polo alle Regionali, pubblicati in piena campagna elettorale.
FIAB Trieste Ulisse (che è una vera associazione, a differenza di Trieste in Bici) invece fa parte della rete di realtà che si batte con il Comitato NO Ovovia contro la realizzazione di questo progetto inutile, impattante, insostenibile. I ciclisti non hanno bisogno dell’ovovia, ma di una città a misura di bicicletta. E anche se fosse davvero utile ai ciclisti, cosa che non è, sarebbe davvero sovradimensionato come progetto.
Noi del Patto per l’Autonomia , che vogliamo – senza trucchi – promuovere la ciclabilità e il cicloturismo, faremo una pedalata lungo il tragitto della già progettata e finanziata ciclabile del Carso, per la quale come Adesso Trieste abbiamo presentato una mozione che richiede l’avvio del progetto.
Mercoledì 1 marzo, nella sede di Adesso Trieste, si è tenuto un incontro a tema crociere. Quali impatti ci sono per la città? Qual è il bilancio costi/benefici? Qui potete trovare l’articolo relativo all’evento.
Il vero problema che vogliamo affrontare è la visione sul futuro turistico della città, e come questa visione possa concretizzarsi in azioni che consentano una gestione efficace dei flussi turistici. Come è risultato da questo incontro, a noi non piacciono le risposte semplici, e spesso più che risposte troviamo tanti nuovi dubbi con cui amiamo confrontarci, perché non bisogna aver paura della complessità. E l’approccio che usiamo, come vedete, è quello di ragionarci con solide basi di conoscenza, basate su dati e approcci scientifici e non su opinioni o sensazioni.
Ecco, noi riteniamo che il futuro della città debba guardare alla giustizia ambientale e sociale, anche per quanto riguarda il turismo.
Per questo, sarebbe da incentivare un turismo lento, rispettoso del territorio che attraversa, che possa portare benefici in modo distribuito, sia nel tempo che nello spazio, alla cittadinanza. Sì, perché il turismo attivo, quello dei cammini o del cicloturismo, lascia ricchezza in modo distribuito sui percorsi ed è molto meno dipendente dalla stagione: i viandanti non camminano solo in luglio e agosto, de-stagionalizzando il settore turistico. Si fanno meno chilometri, ci si deve fermare più spesso, non ci si può portare dietro molte cose e quindi ci si deve rivolgere all’offerta ristorativa locale. Invece, è bene ricordarlo, le crociere non contribuiscono neanche alla tassa di soggiorno.
Questo non significa vietare il turismo di massa, o mettere al bando l’attracco delle crociere. Ma dobbiamo saperlo gestire e se opportuno e necessario limitare, imparando dagli errori che altre città prima di noi hanno fatto nel volerlo invece accogliere in modo completamente acritico.
Le diverse forme di turismo in città devono poter convivere, e farlo in modo rispettoso dell’ambiente e della cittadinanza che nel nostro territorio vive e lavora. In città convivono infatti diverse tipologie di turismo: culturale, congressuale e d’affari, del tempo libero o fine settimana, il crocieristico, il turismo sportivo, di comunità e il turismo lento (cicloturismo, cammini). Alcune di queste forme hanno mostrato tutta la loro fragilità durante la pandemia.
Le due forme di turismo che non hanno vissuto una crisi bensì sono esplose nel periodo di pandemia sono i cammini e il cicloturismo. Il nostro territorio ha tutte le potenzialità per poter sviluppare questa forma di turismo, che mette al centro la scoperta e valorizzazione delle particolarità locali e identitarie della città e del Carso a piedi. Per farlo, dobbiamo connettere e riqualificare percorsi già esistenti come il Sentiero Italia e la Via Flavia, o la ciclabile del Carso, finanziata con 2,9 milioni di euro dal 2009 ma mai realizzata, sulla quale abbiamo presentato una mozione. Le associazioni di promozione della ciclabilità dicono spesso una frase riguardo alle piste ciclabili o bike lane: “costruitele, e loro verranno”. Una questione quasi fluidodinamica, perché i flussi di persone sono come flussi d’acqua: aprendo un nuovo canale una parte dei flussi si incanaleranno appunto lì.
Un altro turismo che sta soffrendo anche a causa delle crociere è quello congressuale. Fino a pochi anni fa, la Stazione Marittima ospitava moltissimi congressi da centinaia di persone, che nelle pause pranzo consumavano e spendevano nei locali della zona delle Rive e di Cavana. Il turismo congressuale è un turismo estremamente redditizio, perché le persone solitamente hanno rimborsi spese piuttosto generosi, che andavano ad arricchire i molti locali presenti in zona. Ora, con l’arrivo delle crociere, per oltre quattro mesi non è possibile organizzare congressi alla Stazione Marittima – i congressi infatti sono di solito organizzati con anni di anticipo, mentre l’arrivo delle crociere non è possibile prevederlo con tanto anticipo. Tutte le attività congressuali sono spostate in Porto Vecchio, dove però non c’è nessun locale, nessuna piccola attività, e chi organizza congressi è costretto a portarvi un catering. E’ evidente che finora i locali della zona e il piccolo commercio ci hanno perso molto, visto che i crocieristi sono soliti consumare i pasti sulla nave stessa e scesi a terra di solito si concedono al più un caffè o un gelato. Nel frattempo, una parte delle rive è preclusa non solo al parcheggio (per noi che le Rive siano un parcheggio a cielo aperto e non uno spazio dedicato al tempo libero, allo sport e alla cultura è semplicemente una follia) ma anche al transito pedonale e ciclistico. Di fatto, ci viene portata via un pezzo di città, per accogliere una città galleggiante e inquinante che riversa migliaia di persone in poco tempo, e che nel loro poco tempo di permanenza non hanno certo il tempo di visitare musei, fare acquisti, fare esperienze autentiche.
Ecco, il problema è proprio questo: il piegarsi a far diventare il centro città una vetrina per turisti distratti, che poco lasciano sul territorio e poco si portano a casa dell’esperienza, creando molti disagi a chi abita la nostra bella città e abbandonando le periferie al loro destino è una scelta priva di qualunque buon senso, che potrebbe portare conseguenze molto gravi.
Abbiamo sentito all’inizio di questo incontro una domanda chiave: di chi è la città? Per noi, la città è di chi la abita. Il che non vuol dire chiuderla a chi l’attraversa, che sia un/una turista ma, mi permetto di aggiungere, neanche una persona migrante. Semplicemente, significa dire che le scelte che riguardano il nostro territorio dovrebbero tenere conto in primo luogo del benessere della cittadinanza e della tutela dell’ambiente nel quale le persone vivono quotidianamente.
Vogliamo andare nella direzione di un turismo lento, sostenibile, rispettoso. Stiamo lavorando su questo a livello comunale e ci impegniamo a farlo anche a livello Regionale contando in un esito favorevole delle elezioni del 2-3 aprile. Il turismo è uno di quei temi sui quali vogliamo incidere anche a livello regionale, costruendo un futuro migliore per il nostro territorio, con il nostro passo: il passo giusto.
Martedì 28/2 insieme a Riccardo Laterza (capogruppo) e Kevin Nicolini abbiamo presentato il report dell’attività del Gruppo Consiliare da settembre 2022 a febbraio 2023.
Io nello specifico mi sono focalizzata sulle azioni fatte sul tema dell’emergenza climatica, della mobilità, e del verde pubblico.
I testi completi delle mozioni, interrogazioni e domande di attualità che abbiamo presentato si possono trovare sul sito di Adesso Trieste, così come i report precedenti.
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