Martedì 20 febbraio abbiamo discusso nell’aula del Consiglio regionale la mozione a mia prima firma sui servizi sociosanitari pubblici di prossimità. La mozione muoveva dalla chiusura di due su quattro sedi consultoriali a Trieste. Qui sotto il mio intervento in video (con replica) e la trascrizione.
Gentili colleghe, gentili colleghi,
Tutte e tuti noi- e davvero mi riferisco a tutti in quanto amministratrici e amministratori senza distinzione di destra, sinistra, maggioranza o opposizione – dovremmo essere consapevoli che il sistema territoriale è fondamentale per la salute pubblica. E sottolineo due parole che ho appena espresso: territoriale e pubblica, perché noi qui rappresentiamo le cittadine e i cittadini, tutte e tutti, di questo territorio, indipendentemente dalla loro capacità economica o dal loro stato di salute. Di questo sistema territoriale, l’istituzione dei consultori familiari ha rappresentato nel tempo un’eccellenza del sistema socio-sanitario triestino e non solo, garantendo servizi di prevenzione e di cura, ostetrici, ginecologici, psicologici e di sostegno familiare. La capillarità dei servizi consultoriali e distrettuali è divenuta nel tempo un elemento essenziale e caratterizzante dei servizi stessi, e questo è chiaro a tutte noi: una mamma in gravidanza, una neomamma, ma anche un’adolescente avrà sicuramente un vantaggio nel poter trovare risposte in una sede prossima alla sua abitazione. La maggior parte delle città europee sta guardando al modello città dei 15 minuti, intesa come la possibilità di avere tutti i servizi in un raggio di 15 minuti a piedi, in bici o con i mezzi pubblici da casa propria. Noi che su questo, grazie ai consultori e distretti, eravamo stati lungimiranti pionieri in un settore delicato e fondamentale come quello della salute e dei servizi legati alla sanità pubblica ora facciamo un passo indietro, riducendo le sedi consultoriali cittadine. Questo trasferimento, così come quelli dei servizi per l’infanzia, disincentiva e rende disagevole l’accesso ai servizi, aumentando le difficoltà soprattutto per le cittadine e i cittadini maggiormente vulnerabili.
La società sta cambiando a un ritmo vertiginoso, e con essa i bisogni, per rispondere ai quali i servizi devono sapersi adattare. Crediamo che per sostenere la natalità e rispondere al preoccupante trend demografico sia fondamentale offrire servizi di qualità alle famiglie, facilmente raggiungibili e accessibili, più che incentivi economici come quelli previsti dall’ultima finanziaria. Ma i consultori non si rivolgono solo alle famiglie. Sono un presidio fondamentale per la salute sessuale e la prevenzione per le e i giovani, un punto dove trovare sostegno psicologico sia per famiglie che per persone che stiano vivendo un momento di difficoltà – e sappiamo bene come i numeri relativamente ai problemi di disagio psicologico siano in drammatico aumento. Infine, possono essere valide antenne per fenomeni di violenza sulle donne, anche questo un tema purtroppo decisamente attuale. Tutte queste funzioni sono chiaramente più complicate se non si hanno sedi opportunamente vicine anche in senso fisico alle persone, luoghi fisici di presidio territoriale.
Del resto, ci sono dei validi riferimenti normativi, e cioè il Decreto Ministeriale n. 77/2022 “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale” e l’Allegato 1, in cui lo standard individuato è di un consultorio familiare ogni 20.000 abitanti e richiamata altresì la legge n. 34/1996, la quale sancisce medesimo standard. Ma non solo: la Delibera di Giunta Regionale n 2042/2022 prevede che i consultori siano 1:20.000 (pag 39 dell’allegato).
Ebbene, nonostante tutto questo, come abbiamo appreso dalla nota diramata venerdì 19 gennaio 2024 sul sito Asugi, i consultori di San Giacomo e San Giovanni a Trieste sono stati chiusi, come primo passo del riordino proposto da Asugi stessa. La modalità prima e la realizzazione poi della suddetta chiusura sono state tutt’altro che partecipative, ma, anzi, calate dall’alto, tanto che neanche l’utenza e il personale stesso dei consultori hanno avuto il preavviso della chiusura dei Centri, impedendo un’organizzazione e un accompagnamento verso la liquidazione di un servizio spesso indispensabile alla vita della cittadinanza e delle e dei pazienti. Ricordiamo che le gestanti che frequentavano i corsi preparto – non propriamente un capriccio, ecco – hanno ricevuto comunicazione dello spostamento della sede dei corsi solamente il giorno prima che tale spostamento fosse definitivamente efficace.
Questa situazione ha portato, il 24 gennaio 2024, alla proclamazione dello stato di agitazione da parte dei Sindacati CGIL, CISL e FIALS. Ma anche alla protesta di numerose cittadine e cittadini che si sono trovate, da un giorno all’altro, private di quello che fino al giorno prima era un loro diritto. L’importanza della salute territoriale, dei presidi sanitari nei quartieri rappresenta – o per meglio dire purtroppo rappresentava – una misura che rendeva Trieste una città umana, vivibile e attenta ai bisogni della cittadinanza. Oggi ahinoi ci troviamo con un atto unilaterale di Asugi che dovrebbe far preoccupare un’amministrazione regionale che non sia complice di questo disfacimento.
Purtroppo abbiamo visto come nei mesi scorsi la nostra amministrazione e l’assessore in particolare hanno considerato la partecipazione della cittadinanza al processo di riorganizzazione promosso da Asugi: chiusura e mancanza di confronto e trasparenza, come nel caso dell’audizione da noi proposta in commissione che è stata trasformata dalla maggioranza – e qua ancora aspettiamo di comprendere perché si sia deciso di andare contro allo stesso regolamento – in un monologo del tutto inutile dell’assessore e di Asugi, perché l’oggetto dell’audizione era conoscere i bisogni, le necessità e le preoccupazioni di cittadine e cittadini, associazioni e operatrici e operatori, che sarebbero state da tenere in debita considerazione in un processo di riorganizzazione.
Per tutti questi motivi, noi come opposizione riteniamo indispensabile proporre una via d’uscita che tenga conto non solo del volere di Asugi ma anche e soprattutto della realtà cittadina e dei numeri previsti dalla legge. Tutti noi, ricordiamocelo, siamo qui in rappresentanza anche di quelle cittadine e cittadini che stanno perdendo servizi essenziali su un tema così cruciale come la salute pubblica.
Chiediamo quindi alla Giunta di individuare con Arcs e le aziende sanitarie territoriali le soluzioni possibili per garantire i servizi pubblici attualmente soppressi o ridimensionati nei consultori e nei distretti di tutto il territorio regionale. Ma anche di redigere un piano per il potenziamento dei servizi sociosanitari pubblici di prossimità, nella prospettiva del modello della città dei 15 minuti, al fine di garantire prevenzione e cura a tutta la cittadinanza e di istituire un tavolo di confronto dove finalmente si concertino le necessità del personale, dei sindacati, dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile con quelli dei vertici di Asugi.
Auspico dunque un appoggio trasversale da parte dell’aula.